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La guerra tra poveri

Ormai ogni giorno sentiamo i telegiornali che annunciano cassa integrazione e licenziamenti a tutto spiano. La crisi economica dei mercati finanziari ha iniziato a percorrere le strade del mondo reale e inizia a mietere le prime vittime.
Il presidente americano Harry Truman nel '58 affermò "Recessione è quando il tuo vicino perde il posto; depressione è quando lo perdi tu". Nulla di più vero. Fin quando la parola recessione non intacca il tuo posto di lavoro, rimane un semplice eco ma quando inesorabile arriva quella lettera, il mondo cambia prospettiva. La perdita del lavoro produce la ricerca delle responsabilità che inevitabilmente si ricercano non in processi macro economici deleteri ma in quel vicino che un posto ancora lo ha. Inesorabile inizia la guerra tra i poveri che purtroppo è già in atto. Prima si incomincia a colpire il pubblico impiegato reo di avere quei diritti sindacali che purtroppo sono inesistenti nel privato. Poi inevitabile inizia a montare la paura dello straniero. Prima ladro e farabutto, adesso che ruba il posto di lavoro. Ma fino a qualche mese fa si era ben lungi dal denunciare l'abuso perpetrato nelle campagne del pelato foggiane o nell'industria delle
costruzioni del nord. O magari delle decine di morti di  stranieri e italiani (4 al giorno)che come disse l'attuale ministro Scajola all'inaugurazione della centrale Enel di Civitavecchia "Dopo tanti sacrifici, anni di lavoro e qualche vita umana si...". Insomma sono sacrificabili per il benessere collettivo qualche povero "disadattato".
Adesso la guerra tra poveri vede le vittime gli italiani in terra straniera rei di essere in una Gran Bretagna vittima eccellente della recessione.La stessa che nulla ha da obiettare quando gli italiani fanno i lavapiatti o i camerieri in quel di Londra. Insomma la crisi annebbia le menti, la paura aiuta coloro che parlano alle pance e la società del benessere effimero ben si guarda dai veri colpevoli.
Con buona pace di banchieri e speculatori che continuano a prendere maxi stipendi e che mai pagheranno per i loro comportamenti.

Antonio Di Gilio

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