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Intervista di Vendola - addio Rifondazione



Antonio Di Gilio

Un modello da cambiare

E' passato più di un anno e mezzo dall'inizio di questa crisi, dal primo tonfo della borsa Usa nel luglio del 2007, dai primi dati del valore della case americane in caduta libera. Da allora praticamente tutti, dal macellaio al presidente Usa hanno dato una loro chiave di lettura sentenziando sui colpevoli: mercati finanziari, banche e sistema creditizio. 
La verità è che la crisi è di sistema, il muro di Berlino è caduto anche dall'altra parte. Il sistema in cui viviamo si basa su un principio fondamentale: creare, produrre, distruggere. Ma funziona finché c'è qualcosa da produrre e i paesi più industrializzati sono saturi. A questo si è aggiunto, dall'ingresso della Cina nel WTO, una politica aziendale che ha mirato sostanzialmente all'aumento della produttività (che consiste nella riduzione dei posti) e alla riduzione dei costi, sopprattutto quello del lavoro. 
Il sistema avrebbe potuto tenere se il tutto si fosse svolto in qualche decennio, se il mondo del lavoro fosse stato in grado di riorganizzarsi e specializzarsi.

Invece sono passati pochissimi anni e per mantenere i consumi si è dovuti ricorrere al debito. Gli italiani un po' meno avvezzi a questa leva patiscono (a dimostrazione del ragionamento) ormai da 15 anni una stagnazione continua dei consumi.
Ford, il noto industriale dell'omonima (e in crisi) azienda di auto, nel 1900 aveva postulato che se avesse voluto vendere auto, avrebbe dovuto aumentare i compensi dei propri dipendenti.

La terziarizzazione del sistema economico invece produce attività con un forte profitto che tuttavia non compensa adeguatamente i propri dipendenti.

Sapete quanto costa a una società di telefonia mobile 1 minuto di una vostra conversazione? 0.007 euro. Se considerate quanto pagate tra scatto alla risposta e primo minuto, vi lascio immaginare i mega profitti. Ora pensate alle migliaia di call-center e ai loro stipendi/precarietà (pardon flessibilità ), rimane ben poco da capire.
Questo sta generando sperequazioni in ambito nazionale e internazionale senza precedenti. Non è un caso che gli unici a sorridere di questa crisi siano i gestori di hard discount e i produttori di yacht. L'idea di rilanciare l'economia con l'intervento pubblico senza prendere seriamente in considerazione una politica redistributiva è a mio modesto avviso fallimentare.

Se in ogni casa ci sono più TV, cellulari, auto che persone mi dite che razza di consumi rilanciamo? L'UE si è inventata una velocissima integrazione di 13 paesi ex sovietici in forte crescita per dare all'industria europea un canale di vendita, con costi del lavoro bassissimi per la produzione a basso valore di capitale(pensate alle banche italiane o all'Eni in Romania o alla delocalizzazione selvaggia) guardandosi bene dal dare velocemente loro l'EURO. Negli ultimi venti anni si è andati di bolla in bolla per poter dare ossigeno a un'economia asfittica. Prima il mercato dei cambi, poi è toccato alla new economy,  adesso a quella dei mutui, la prossima sarà  quella dei debiti sovrani, e poi?

La risposta che ho incute paura, ma è quella che l'uomo ama da sempre utilizzare... guerra. La guerra distrugge e permette di ricominciare e di crescere fino alla guerra successiva. Sarebbe ora di rivedere un modello sul quale nutro una sola certezza: è da cambiare.