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AIDS: 4MILA CASI ALL'ANNO IN AUMENTO TRA 40ENNI ED ETERO, 1 CASO SU 4 E' STRANIERO


Sono 59.500 i casi di Aids notificati in Italia dall'inizio dell'epidemia, in media circa 4 mila l'anno. Ma il dato forse piu' preoccupante e' che, nel 2007, non si e' piu' registrata la tendenza al declino dell'incidenza della malattia che invece aveva caratterizzato l'ultimo decennio. È quanto emerge dal nuovo rapporto epidemiologico dell'Istituto superiore di Sanita', presentato durante il convegno "La ricerca italiana sfida l'Hiv" promosso dalla Fondazione Msd e dall'Iss.
Piu' in generale, secondo i dati elaborati dall'Istituto emerge che oggi piu' di una persona su due scopre di essere sieropositiva al momento o poco prima della diagnosi di Aids.
E a cambiare rispetto all'inizio dell'epidemia sono anche le caratteristiche delle persone infette o con Aids: sono infatti sempre meno i tossicodipendenti mentre aumentano le persone che prendono l'infezione per via sessuale.
E il fenomeno riguarda adesso piu' gli eterosessuali che gli omosessuali.
Aumenta anche l'eta' delle persone colpite che, per i casi di Aids conclamato, ormai supera i 40 anni.
E in aumento sono anche i cittadini stranieri colpiti dalla malattia: all'inizio dell'epidemia erano l'1% mentre ora siamo addirittura al 20% dei casi di Aids e si arriva al 30% delle nuove diagnosi di infezione.
In sintesi, 1 persona su 4 fra i nuovi sieropositivi e' straniera.
La regione piu' colpita e' sicuramente la Lombardia, ma nell'ultimo anno l'incidenza piu' alta e' stata riscontrata nel Lazio e, a seguire, l'Emilia Romagna e la Toscana
In Italia sembra sia scemato l'interesse generale verso la lotta all'Hiv-Aids. Come se si avesse "l'errata sensazione che l'epidemia si stia estinguendo. Invece la battaglia non e' finita".
È questo l'allarme lanciato da Stefano Vella, direttore del dipartimento del Farmaco dell'Istituto superiore di Sanita' (Iss) nel corso del convegno "La ricerca italiana sfida l'Hiv", promosso dalla Fondazione Msd e dall'Iss.
La lotta contro "questa terribile malattia- e' il parere di Vella- rappresenta una sfida complessa nella quale la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci giocano un ruolo predominante".
Secondo l'esperto, infatti, "il virus diventa resistente solitamente a tutto, quello che oggi fa la differenza nel successo delle cure non e' solo la messa a punto di molecole particolarmente efficaci e innovative, ma soprattutto l'uso che ne viene fatto. La situazione clinica e' cambiata proprio perche' abbiamo finalmente imparato ad usare i farmaci".
In passato, quando usciva un nuovo prodotto, continua Vella, "veniva semplicemente aggiunto alla terapia preesistente, finendo per somministrare una monoterapia. Si dava cioe' un solo farmaco buono innovativo insieme a tutti i vecchi verso i quali, spesso, il paziente aveva gia' sviluppato un'elevata resistenza. Cosi' lo sviluppo della resistenza anche verso il nuovo farmaco avveniva in un attimo".
Oggi, invece, sottolinea il direttore del dipartimento del Farmaco dell'Istituto superiore di sanita', "e' mutato il paradigma della terapia, soprattutto della cosiddetta terapia di salvataggio (quella che viene applicata ai pazienti in uno stadio molto avanzato), in quanto si usano piu' farmaci nuovi insieme".
Il segreto, aggiunge, "sta, quindi, nel costruire una terapia con diversi nuovi farmaci, in modo da azzerare la replicazione virale anche in soggetti molto avanzati".
Per Sella, dunque, "una diagnosi non precoce e' spesso correlata a una carica virale oramai molto elevata su cui, con a disposizione solo i farmaci tradizionali, potremmo fare veramente poco. Oggi, invece, grazie alla ricerca che ci consegna sempre nuovi farmaci, riusciamo a recuperare molti pazienti e riportarli ad una vita 'normale". (DIRE)

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